Stabilire attendibilità e autorevolezza di una fonte informativa è più complesso di quanto si possa pensare. Uno studio sulle notizie riguardanti i vaccini rilanciate da 350mila post sui social media tra il 2016 e il 2021 in Italia ha scoperto infatti come alcune fonti pro-scienza tendano a dare evidenza ad aspetti positivi sui vaccini e a trascurare quelli dai risvolti problematici. Questi risultati sollevano dubbi metodologici su come viene misurata la disinformazione, visto che i sistemi di classificazioni attualmente disponibili non sembrano valutare l’attendibilità di una fonte tenendo conto del ‘bias’ di selezione, ossia la tendenza a trattare in via preferenziale un evento piuttosto che un altro. I risultati di questa analisi sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “PNAS Nexus” da un gruppo di ricerca italiano coordinato da Fabiana Zollo, professoressa di Data science all’Università Ca’ Foscari Venezia.
“Sui vaccini abbiamo assistito a un dibattito pubblico altamente polarizzato e prolungato nel tempo, prima riguardo l’obbligo vaccinale e poi con la pandemia. – spiega Fabiana Zollo – Abbiamo esaminato il modo in cui le fonti di informazione scelgono gli eventi da trasformare in notizie e quali aspetti mettono in risalto in base alla propria linea editoriale e visione del mondo. Ad esempio, alcune testate potrebbero evidenziare notizie negative sui vaccini, mentre altre potrebbero concentrarsi quasi esclusivamente sugli sviluppi positivi.
A causa di questo approccio selettivo, il pubblico può ricevere un quadro incompleto della situazione. Le fonti “inaffidabili” piegano l’evidenza alla loro linea editoriale, ma non sempre quelle “affidabili” fanno informazione di qualità. Nelle scelte editoriali, dunque, ci sono sfumature che le definizioni e le classificazioni attuali non riescono a rappresentare. Inoltre, tali scelte editoriali impattano significativamente la percezione che il pubblico ha dei vaccini”.
I dettagli sullo studio
Lo studio ha riguardato 682 fonti informative, tra cui testate giornalistiche e fonti di divulgazione (online e radiotelevisive, nazionali e locali) e quattro piattaforme social (Facebook, Instagram, Twitter e YouTube). Le fonti sono state considerate “affidabili” o “inaffidabili” secondo elenchi redatti da quattro organizzazioni indipendenti. Ogni notizia è stata classificata, utilizzando il machine learning, per il punto di vista che emerge dal contenuto (anti-vax, neutrale o pro-vax), ma anche in base al fatto che l’evento riportato fosse avverso, neutro o positivo nei confronti dei vaccini. In particolare, la ricerca ha analizzato come fatti con ‘sentiment’ negativo, neutrale o positivo sui vaccini abbiano trovato posto o meno tra le notizie date dalle varie fonti.
I dati mostrano come le fonti “inaffidabili” tendano a trattare con la lente “anti-vax” sia gli eventi positivi che quelli avversi, mentre le fonti “affidabili” hanno un atteggiamento più pro-scienza sugli eventi positivi e meno critico su quelli problematici. Analizzando l’interazione sui social media, la ricerca ha scoperto che le persone con posizioni ideologiche simili tendono a radunarsi intorno a specifiche fonti di notizie, creando “echo chamber” dove gli utenti sono esposti solo a opinioni simili alle proprie. Questo modello è particolarmente pronunciato tra i mezzi di informazione con forti bias, che vedono un maggiore tasso di coinvolgimento grazie a narrative sensazionalistiche o estreme. Questo effetto contribuisce a creare comunità polarizzate online, dove il pubblico ha meno probabilità di confrontarsi con prospettive bilanciate o contrastanti.
Fabiana Zollo, professoressa associata al Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica di Ca’ Foscari ha realizzato lo studio con Alessandro Galeazzi, ricercatore presso il Dipartimento di Matematica dell’Università di Padova, Antonio Peruzzi, postdoc presso il Dipartimento di Economia di Ca’ Foscari, Emanuele Brugnoli, ricercatore al Sony Computer Science Laboratories e Centro Ricerche “Enrico Fermi” (CREF) di Roma, Marco Delmastro, Research Fellow al Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica di Ca’ Foscari e al Centro Ricerche “Enrico Fermi” (CREF) di Roma.