Quattro arresti per detenzione illegale di armi, 100 soggetti denunciati per reati contro gli uccelli selvatici; sequestrati 1.400 uccelli abbattuti e oltre 1.000 esemplari vivi catturati illegalmente Sono i numeri dell’Operazione Pettirosso, realizzata dai Carabinieri forestali, reparto Operativo Soarda, del Raggruppamento Cites e, inoltre, in sinergia con i Carabinieri forestali di Brescia, Bergamo, Mantova, Padova, Verona e Vicenza e con il contributo fattivo dei volontari della Lipu e di altre associazioni, in uno dei black spot del bracconaggio, ossia le prealpi lombardo-venete, più importanti a livello nazionale e inserito nel Piano nazionale antibracconaggio. Oltre ai soggetti arrestati e denunciati e agli uccelli ritrovati, sono stati sequestrate 1.182 dispositivi illegali, di cui 1.029 trappole e 153 reti per l’uccellagione, oltre a 98 armi e oltre 17mila munizioni. Trappole e reti che catturano uccelli in modo non selettivo, causando un grave danno all’ecosistema oltre alla violenza a danno di animali selvatici impegnati nella migrazione verso le aree di svernamento.
In particolare la cattura degli uccelli selvatici è stata effettuata con una pluralità di strumenti del tutto illegali come i richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, le reti da uccellagione, le gabbie-trappola, e anche archetti e trappole metalliche, queste ultime in grado di infliggere gravissime sofferenze agli animali, lasciati per ore appesi e agonizzanti. La maggioranza degli uccelli sequestrati presentava anelli contraffatti, il che significa animali catturati in natura e dotati di anello in modo abusivo, e destinati al mercato dei richiami vivi per l’utilizzo durante la caccia.
“Ringraziamo i Carabinieri forestali per l’ottimo lavoro svolto – dichiara Alessandro Polinori, presidente della Lipu – e i nostri volontari che con grande impegno hanno contribuito alla buona riuscita dell’Operazione. La zona delle prealpi venete lombarde si conferma come una delle aree più a rischio per la migrazione degli uccelli, dove il bracconaggio alimenta l’odiosa pratica dei richiami vivi, un metodo cruento e fonte di gravi sofferenze per gli animali colpiti. Il nostro impegno per combattere questa piaga – conclude – sarà massimo anche negli anni a venire”.