L’Antartide è una terra non solo di ghiaccio, ma anche di fuoco. Oltre 100 vulcani si nascondono sotto la calotta glaciale o la attraversano. Il Monte Erebus, alto 3800 metri, per esempio, ribolle minacciosamente a soli 40 chilometri dalla stazione McMurdo, la più grande base di ricerca dell’Antartide. Si parla spesso degli effetti che il cambiamento climatico potrebbe avere sui ghiacci del Continente Bianco, ma secondo un nuovo studio, potrebbero influenzare anche i suoi vulcani. Secondo quanto sostenuto in un articolo pubblicato su Science, infatti, il cambiamento climatico potrebbe portare a un risveglio dei vulcani dell’Antartide. “È un pericolo molto interessante e che va valutato”, ha dichiarato Matthew Zimmerer, geocronista presso il New Mexico Institute of Mining and Technology (NMT).
Il Monte Waesche ha fornito inquietanti indizi sul fatto che la perdita di ghiaccio possa reinnestare le sue eruzioni. Ora, i ricercatori stanno prendendo di mira sia il Monte Erebus che il Monte Waesche per scoprire le minacce immediate e a lungo termine. I sensori installati questo mese lungo il bordo dell’Erebus potrebbero aiutare i ricercatori a comprendere la minaccia che il vulcano rappresenta per McMurdo e la vicina base Scott della Nuova Zelanda. Una ricerca sul campo pianificata per questo mese a Waesche, invece, esplorerà la possibilità che il cambiamento climatico possa risvegliare i vulcani ghiacciati.
Come il clima potrebbe influenzare i vulcani
L’idea è questa: man mano che il peso del ghiaccio sui vulcani diminuisce, i gas intrappolati nel magma vengono rilasciati come le bollicine in una bottiglia di champagne stappata, innescando le eruzioni. Una tale dinamica è stata osservata con i vulcani in Islanda e nel Pacifico nordoccidentale degli Stati Uniti, afferma Adelina Geyer, vulcanologa presso Geosciences Barcelona. “Non appena i ghiacciai iniziano a ritirarsi, l’attività vulcanica inizia ad aumentare”.
Ma in Antartide non è stata registrata alcuna prova di questa interazione. Lo scorso decennio, un team NMT ha fatto l’arduo viaggio a Waesche, a circa 1500 chilometri da McMurdo, e ha campionato lave risalenti all’ultima attività, più di 100.000 anni fa. Le analisi di laboratorio, ancora inedite, hanno rivelato che le rocce provenivano da più di 50 eruzioni diverse, quasi il 90% delle quali si è verificato quando le temperature erano alte, come quelle odierne, e quando le calotte glaciali erano presumibilmente sottili. “È stata una correlazione del tutto inaspettata“, afferma Zimmerer.
Questo mese, i ricercatori torneranno a Waesche, alla ricerca di altre rocce che potrebbero confermare se la perdita di ghiaccio sovrastante abbia causato il risveglio di Waesche.
Le ipotesi sul futuro
Il team spera di visitare altri vulcani nei prossimi anni per esplorare la loro risposta allo scioglimento del ghiaccio. Zimmerer afferma che non è chiaro quanto velocemente i vulcani risponderebbero al restringimento del ghiaccio, se mai lo facessero. E un vulcano che erutta sotto il ghiaccio non causerebbe molto scioglimento extra. “Ma se ne eruttassero molti – afferma – potrebbe instaurarsi un ciclo di feedback, con la perdita di ghiaccio che porterebbe a più vulcanismo e più eruzioni a più perdita di ghiaccio e al conseguente innalzamento del livello del mare”.