“I lavori della Cop29, tenutasi a Baku dall’11 al 22 novembre, hanno lasciato un bilancio ambiguo, sospeso tra il ‘semi-successo’ e il ‘semi-fallimento’. La vera causa di questa incertezza non risiede tanto nel fatto che la richiesta di finanziamenti dei Paesi emergenti – almeno 500 miliardi di dollari in sovvenzioni a fondo perduto – non sarà pienamente soddisfatta, quanto nella realtà geopolitica che si sta delineando. Le principali economie mondiali, come Cina, India e Stati Uniti, sembrano già pronte a rallentare il passo verso la transizione ecologica. Con il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump – che nel 2016 aveva ritirato gli Usa dagli Accordi di Parigi durante la sua prima presidenza – subito dopo il suo insediamento, previsto il 20 gennaio, invertirà le politiche climatiche americane. Questo nonostante le dichiarazioni ottimistiche di Joe Biden, che dopo Baku ha sostenuto: ‘Nessuno può invertire la rivoluzione dell’energia pulita in corso in America e nel mondo'”. Il clima, ma non solo, al centro della riflessione di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A.
“Un altro segnale del cambiamento- ha continuato- è il declino di interesse verso i criteri Esg (Environmental, Social, Governance), un tempo considerati una guida imprescindibile per gli investimenti. Larry Fink, ceo di BlackRock, il più grande asset manager al mondo, ha affermato che l’Esg è ormai diventato un concetto troppo politicizzato e divisivo. La sua ultima lettera agli investitori per il 2024 non menziona nemmeno il termine, segnando un chiaro distacco rispetto al passato. Un recente studio evidenzia come l’attenzione delle aziende, in particolare nel settore bancario, si stia spostando verso l’intelligenza artificiale. In Italia, ad esempio, l’AI ha superato i temi Esg per rilevanza mediatica. Questo trend riflette anche un cambiamento nella percezione pubblica: basti pensare al caso italiano del Superbonus, il cui costo supera l’intera manovra di bilancio 2025 del governo di Giorgia Meloni, che decisamente sarà ridimensionato nel futuro”.
“La transizione verde- ha sottolineato ancora Livolsi- è ulteriormente ostacolata dalla crescente instabilità geopolitica ed economica. La concorrenza delle auto cinesi e la crisi del settore automotive in Europa – con i casi critici di Volkswagen, Mercedes, Ford e Stellantis – si combinano con i dazi che la nuova amministrazione Trump dovrebbe imporre, creando un clima di preoccupazione, complicato dalla guerra in Ucraina, la cui conclusione – auspicabile ovviamente per ragioni umanitarie – appare ancora lontana. Per giunta, l’ipotesi che l’Unione europea destini risorse comuni alla difesa, emettendo debito congiunto per finanziarla, solleva dubbi sull’impatto reale sulla crescita continentale”.
“Alla luce di tutto questo, sembra emergere un approccio più pragmatico e tecnologico, a discapito delle ideologie. L’intelligenza artificiale si sta affermando come un elemento chiave per ridefinire i modelli di business. Tuttavia, il cambiamento climatico resta una realtà ineludibile. Qualcosa dovrà essere fatto, ma senza sacrificare occupazione e crescita economica. La sfida sarà bilanciare innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale in un contesto globale che richiederà compromessi sempre più complessi. La Cop29 non ha offerto soluzioni definitive, ma ha evidenziato un dato incontrovertibile: la sostenibilità, da sola, non può prescindere dalle priorità economiche, politiche e tecnologiche di un mondo sempre più frammentato”, ha concluso.