E se non fossimo reali? Un paradosso quantistico può dimostrarlo

Il paradosso di Hardy immagina una configurazione in cui una particella e la sua antiparticella (ad esempio, un elettrone e un positrone) coesistono temporaneamente senza annichilarsi
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La fisica quantistica continua a rappresentare una delle frontiere più misteriose e rivoluzionarie della scienza moderna. Fin dai primi lavori di Max Planck e Albert Einstein, il mondo subatomico ha rivelato proprietà che sfidano la nostra comprensione intuitiva della realtà. Tra i concetti più controversi emergono l’entanglement, la non-località e l’idea che l’universo non sia “localmente reale“. Recentemente, un esperimento rivoluzionario condotto presso l’Università di Scienza e Tecnologia della Cina ha portato una conferma sperimentale senza precedenti del paradosso di Hardy, un’elaborazione teorica che sfida i principi fondamentali della fisica classica.

Con un apparato sperimentale di straordinaria precisione, i ricercatori hanno dimostrato che il realismo locale – l’idea che gli oggetti abbiano proprietà definite e siano influenzati solo dal loro ambiente immediato – non può spiegare il comportamento delle particelle quantistiche. I risultati hanno implicazioni profonde non solo per la fisica teorica, ma anche per la filosofia e le tecnologie emergenti basate sui fenomeni quantistici.

Realismo locale: il pilastro in crisi

Prima di esplorare il paradosso di Hardy e il recente esperimento, è essenziale comprendere i due principi alla base del realismo locale:

  1. Realismo: ogni oggetto possiede proprietà definite, indipendentemente dall’osservazione. Se un elettrone ha uno spin “su“, questo stato esiste a prescindere dal fatto che venga misurato.
  2. Località: un oggetto può essere influenzato solo da eventi o forze presenti nel suo ambiente fisico immediato. Ciò implica che nessuna informazione o influenza può viaggiare più velocemente della velocità della luce, come prescritto dalla teoria della relatività di Einstein.

La meccanica quantistica infrange entrambi questi concetti. Attraverso fenomeni come l’entanglement, due particelle possono rimanere correlate in modo tale che la misura dello stato di una determini istantaneamente lo stato dell’altra, indipendentemente dalla distanza che le separa. Questo comportamento, che Einstein descrisse come “azione spettrale a distanza“, è stato verificato sperimentalmente in numerose occasioni, ma rimane difficile da conciliare con l’intuizione classica.

Il paradosso di Hardy: una sfida teorica al realismo locale

Nel 1992, Lucien Hardy, un fisico teorico del Perimeter Institute for Theoretical Physics, formulò un paradosso che rappresenta una delle dimostrazioni più eleganti e potenti dell’incompatibilità tra il realismo locale e la meccanica quantistica.

Il paradosso di Hardy immagina una configurazione in cui una particella e la sua antiparticella (ad esempio, un elettrone e un positrone) coesistono temporaneamente senza annichilarsi. Nella fisica classica, quando una particella e la sua antiparticella si incontrano, si distruggono immediatamente, rilasciando energia. Tuttavia, Hardy ha dimostrato matematicamente che, secondo la meccanica quantistica, esiste una piccola probabilità che queste particelle coesistano senza distruzione.

Questa situazione, sebbene improbabile, mette in crisi il concetto di realismo locale. Per osservare un simile fenomeno, è necessario misurare simultaneamente le proprietà delle particelle, ma l’atto stesso di misurazione può alterare lo stato quantistico del sistema. Questo problema, noto come problema della scappatoia, ha reso difficile testare sperimentalmente il paradosso di Hardy fino ad oggi.

Il problema delle scappatoie nei test del realismo locale

Molti esperimenti precedenti sull’entanglement quantistico e sull’irrealtà locale soffrivano di due principali “scappatoie“:

  1. Efficienza dei rilevatori: nei test precedenti, una percentuale significativa di particelle non veniva rilevata, introducendo margini di errore significativi nei dati raccolti. Questo problema, noto come “scappatoia di efficienza“, limitava la validità dei risultati.
  2. Libertà delle scelte sperimentali: in alcuni esperimenti, le configurazioni del sistema erano influenzate da variabili preesistenti, compromettendo l’indipendenza delle misure e introducendo il rischio di “scappatoie locali nascoste“.

L’esperimento condotto a Hefei è stato progettato per affrontare e risolvere entrambi questi problemi, garantendo una validazione robusta del paradosso di Hardy.

L’esperimento di Hefei: tecnologia e precisione all’avanguardia

Il team di ricercatori dell’Università di Scienza e Tecnologia della Cina ha sviluppato un apparato sperimentale di straordinaria complessità e precisione. La configurazione includeva:

  • Specchi, laser e cristalli ottici: per generare e manipolare stati quantistici entangled.
  • Splitter di fasci e piastre polarizzatrici: per controllare la polarizzazione e la traiettoria dei fotoni.
  • Un generatore di numeri casuali ultra-veloce: per garantire che le scelte sperimentali fossero completamente indipendenti da variabili locali o preesistenti.

Il generatore di numeri casuali è stato cruciale per eliminare qualsiasi possibilità di influenza di variabili nascoste. I numeri sono stati generati così rapidamente che non avrebbero potuto essere influenzati da condizioni esterne o locali.

L’esperimento è durato oltre sei ore, durante le quali il sistema ha manipolato fasci di fotoni per osservare le interazioni predette dal paradosso di Hardy. Il livello di controllo e precisione raggiunto dai ricercatori ha eliminato virtualmente tutte le possibili scappatoie, rendendo i risultati estremamente affidabili.

Risultati: il crollo del realismo locale

I risultati, pubblicati sulla prestigiosa rivista Physical Review Letters, rappresentano una delle conferme sperimentali più solide dell’irrealtà locale mai ottenute. Gli scienziati hanno riportato un valore p – una misura statistica della probabilità che i risultati siano spiegabili da teorie realistiche locali – inferiore a 10⁻¹⁶³⁴⁸. Questo valore è così incredibilmente piccolo da rendere praticamente impossibile una spiegazione basata sulla fisica classica.

Sulla base di un test di ipotesi nulla,” scrivono i ricercatori, “il valore p che la possibilità che i nostri risultati possano essere spiegati da teorie realistiche locali non supera 10⁻¹⁶³⁴⁸.”

In termini pratici, è infinitamente più probabile vincere alla lotteria innumerevoli volte consecutive che confutare questi dati. Questo risultato non solo conferma il paradosso di Hardy, ma consolida l’idea che il realismo locale non sia una descrizione adeguata della realtà.

Implicazioni per la fisica, la filosofia e la tecnologia

I risultati dell’esperimento di Hefei aprono nuove prospettive per diversi ambiti della scienza e della filosofia:

  1. Filosofia della realtà: se il realismo locale non è valido, cosa significa “essere reale“? Le proprietà degli oggetti esistono solo quando vengono misurate, o sono intrinsecamente indeterminate? Questo solleva domande fondamentali sul ruolo dell’osservatore nella definizione della realtà.
  2. Fisica teorica: il crollo del realismo locale impone una revisione dei modelli teorici che descrivono l’universo. La meccanica quantistica diventa ancora più centrale come strumento per comprendere la realtà.
  3. Applicazioni tecnologiche:
    • Telecomunicazioni quantistiche: reti di comunicazione sicure, basate sull’entanglement, potrebbero diventare una realtà.
    • Crittografia quantistica: il trasferimento di informazioni attraverso canali quantistici garantirebbe livelli di sicurezza mai visti prima.
    • Computazione quantistica: sistemi basati sui principi quantistici potrebbero risolvere problemi che superano le capacità dei supercomputer tradizionali.

L’esperimento condotto a Hefei rappresenta un traguardo epocale nella fisica quantistica. Confermando il paradosso di Hardy e dimostrando l’irrealtà locale con una precisione senza precedenti, i ricercatori hanno posto le basi per una nuova comprensione della realtà.

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