Giornata Montagna, Arpa Piemonte: “neve autunnale precoce, già a settembre sopra 3mila metri”

Nel complesso il 2024 risulta meno negativo rispetto alle annate precedenti per i ghiacciai piemontesi: il punto di Arpa Piemonte
MeteoWeb

In occasione della Giornata Internazionale della Montagna, che si celebra oggi 11 dicembre 2024, Arpa Piemonte presenta le attività effettuate in ambiente montano quest’anno. Il programma annuale di osservazione dei ghiacciai è stato completato tra settembre e novembre 2024, nonostante l’avvio ritardato per l’abbondante neve residua ancora presente sui ghiacciai a metà agosto e poi ostacolato dal meteo perturbato che ha interessato quasi ininterrottamente le Alpi occidentali nell’autunno. A termine della campagna 2024, sono stati visitati complessivamente 72 ghiacciai piemontesi, su un totale di 107; per 30 ghiacciai è stato possibile un confronto fotografico con quanto osservato nel 2023; per 10 ghiacciai, compresi nel bacino glaciale del Belvedere in alta Valle Anzasca (VB), è stato elaborato un modello 3D per il confronto quantitativo delle trasformazioni avvenute nel corso dell’ultimo anno in termini di estensione areale, volumetrica dei ghiacciai, ubicazione ed estensione delle instabilità.

Il programma di monitoraggio dei ghiacciai, attraverso sopralluoghi diretti e sorvoli in elicottero, ha previsto osservazioni dirette, foto/video, rilievi fotogrammetrici. Le informazioni raccolte sono state integrate con immagini e dati satellitari, a completamento degli aspetti cartografici e per i confronti multitemporali di breve e medio periodo. Lo scopo del monitoraggio è consistito nella valutazione visiva dello stato complessivo dei ghiacciai, della presenza di aree collassate, di dissesti che coinvolgono direttamente i corpi glaciali, di laghi di neoformazione e di eventuali situazioni di evidente pericolo.

Lo stato dei ghiacciai piemontesi

A termine della campagna glaciologica è possibile tracciare una sintesi dello stato dei ghiacciai piemontesi; l’abbondante innevamento tardo invernale/primaverile, tra i maggiori degli ultimi decenni e caratterizzato da un colore rosso sporco per l’accumulo di polveri sahariane, è sopravvissuto in maniera molto discontinua. Alcuni ghiacciai hanno perso quasi completamente la copertura di neve, mentre altri ne hanno conservato una buona copertura anche a fine estate, generalmente concentrata in accumuli di valanga. Di questi, importanti accumuli sono sopravvissuti anche a quote piuttosto basse, ben al di sotto dei 3000 metri, fatto ormai desueto.

La neve autunnale è stata piuttosto precoce, portando in settembre già numerose nevicate al di sopra dei 3000 metri di quota ed arrestando così la fusione estiva dei ghiacciai.

Nel complesso il 2024 risulta meno negativo rispetto alle annate precedenti, di cui il 2022 e il 2023 hanno rappresentato un estremo in termini di perdite di ghiaccio. Dove è stato possibile misurarlo, l’arretramento è risultato contenuto e la perdita di massa, pur avvenuta, è stata un po’ sotto la media trentennale.

Le attività della campagna glaciologica di Arpa Piemonte hanno beneficiato di collaborazioni con il Comitato Glaciologico Italiano per la programmazione dei rilievi, con il CNR-IRPI per lo studio del bacino glaciale della Bessanese e del Belvedere, con la Società Meteorologica Italiana per lo studio del ghiacciaio di Ciardoney, con il Parco Nazionale Gran Paradiso per i ghiacciai della Valle Orco. I sorvoli in elicottero sono stati eseguiti grazie al supporto con il Settore Protezione Civile della Regione Piemonte e nell’ambito della convenzione con il Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese.

I rilievi del 2024 concorrono quindi a definire una base di conoscenza comune dei ghiacciai piemontesi e rappresenta lo strumento di monitoraggio per l’evoluzione futura dei corpi glaciali e delle aree circostanti.

Effetti del maltempo in alta quota

Gli eventi meteorologici intensi che hanno colpito il Piemonte nell’estate del 2024 hanno determinato effetti al suolo anche alle alte quote, in ambiente glaciale. Nel panorama generale del territorio piemontese, l’evento del 29 giugno ha colpito violentemente il comune di Macugnaga (VB), dove si sono verificati danni alla viabilità, alle abitazioni e alla rete dei sottoservizi, soprattutto in corrispondenza del concentrico. Durante l’evento, si sono attivati gli impluvi e le linee di deflusso su gran parte dell’Alta Valle Anzasca, alimentando, oltre i rii Tambach e Horlovono responsabili dell’alluvionamento di Macugnaga, anche gli affluenti di sinistra dell’Anza nell’area del bacino glaciale del Belvedere.

Le piogge hanno colpito intensamente in alta quota, fin oltre i 4000 metri, determinando l’erosione della neve e, più a valle, l’incisione dei ripidi alvei dei torrenti. Il materiale detritico prelevato ha poi prodotto diffusi fenomeni di colata detritica che hanno coinvolto direttamente i ghiacciai e le morene di Nordend, del Piccolo Fillar, del Belvedere, di Jazzi e di Roffel.

L’evento del 5 settembre ha invece interessato una fascia allungata dalla Val Chisone, attraverso la valle di Susa, poi la testata delle Valli di Lanzo, fino in Valle Orco. Anche in questo caso sono stati osservati effetti nelle aree glacializzate delle ultime due valli. Analogamente all’evento di giugno, le piogge hanno interessato gli alti versanti determinando l’attivazione di numerose colate detritiche. In tale contesto, alcuni ghiacciai sono stati coinvolti dai processi di instabilità, ad esempio il ghiacciaio Martellot, in Val Grande di Lanzo, è stato attraversato da numerosi canali di colata, ben riconoscibili per il contrasto con la neve residua dell’inverno. Alla testata del vallone di Sea, sempre in Val Grande di Lanzo, un accumulo di colata detritica ha riempito ed occupato un lago formato nell’estate alla fronte del ghiacciaio di Sea. In valle Orco, la morena frontale del ghiacciaio Centrale del Carro è stata profondamente incisa per effetto di erosione concentrata, il materiale asportato si è accumulato in due grandi depositi, da 2400 metri di quota fino a circa 2150 metri di quota, nei pressi dell’Alpe Mandetta.

In linea generale, anche in questo caso, l’instabilità registrata in ambiente glaciale è ormai appurato essere un diretto effetto del deterioramento della resistenza superficiale della roccia alle alte quote; una causa va ricercata nella locale riduzione del permafrost, di cui le alte e persistenti temperature di agosto possono aver determinato un’accelerazione. Lo stato del permafrost, la cui degradazione controlla fortemente la stabilità degli ammassi rocciosi nelle aree circostanti i ghiacciai, è monitorato a livello regionale dalla rete di misura di Arpa Piemonte ed è in accordo con i trend negativi a livello globale.

Le attività di Arpa Piemonte

Arpa Piemonte tra le attività istituzionali si occupa di studio, analisi, monitoraggio e controllo nel campo della geologia e geomorfologia, con particolare attenzione ai processi di modellamento naturale che agiscono sul territorio (piene fluviali e torrentizie e frane, noti comunemente come fenomeni di “dissesto idrogeologico”) e, in alta quota, ai processi connessi a neve e valanghe, permafrost e ghiacciai.

Si occupa inoltre del monitoraggio dei fenomeni franosi, di valutazioni sulla previsione di innesco/attivazione dei processi di versante, del rilevamento dell’attività sismica regionale, dello studio e monitoraggio delle sorgenti per la comprensione dei sistemi idrogeologici montani e collinari, implementando inoltre la banca dati geotecnica.

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