“Il paziente della Lousiana che ha contratto l’infezione da volatili selvatici il 18 dicembre, quello di oggi del Winsconsin che ha contratto l’infezione dal suo allevamento domestico di polli, e quelli delle settimane scorse di infezioni trasmesse dalle mucche all’uomo sono tutti eventi che se considerati singolarmente rappresentano un rischio basso di focolai epidemici, ma che se presi nel loro insieme rappresentano la prova evidente che il virus sta entrando nell’uomo. A supporto di questa evidenza, vi sono analisi genetiche nei ceppi H5N1 riscontrati nell’uomo che presentano mutazioni rispetto ai ceppi nella controparte animale che lo renderebbero più adatto a replicare nell’uomo e, in un futuro prossimo, a trasmettersi da uomo a uomo”. Così all’Adnkronos Salute il virologo Mauro Pistello, direttore dell’Unità di virologia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa, interviene su quanto confermato dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc): il primo caso di malattia grave collegata al virus dell’influenza aviaria A/H5N1 in Usa. Secondo i Cdc il bilancio generale, da aprile 2024, è di 61 casi umani di influenza aviaria H5 negli Stati Uniti.
“Per ridurre il rischio di trasmissione serve una azione concertata, mondiale, dei sistemi sanitari e veterinari – sottolinea Pistello – che monitorino strettamente l’uomo, oltre che animali selvatici e di interesse zootecnico, al fine di una pronta identificazione e isolamento dei soggetti infetti e di una concomitante analisi dei soggetti, uomini e animali, nell’area geografica circostante al caso identificato. Penso che l’adattamento all’uomo sia inevitabile, ma con una strategia integrata e One Health si possano ridurre i danni e contenere l’impatto sanitario ed economico”, conclude il virologo.