L’asportazione delle ovaie raddoppia il rischio di Alzheimer per le donne

Le ragioni per cui l'Alzheimer è più prevalente nella popolazione femminile rispetto a quella maschile sono ancora da chiarire
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Le donne che sperimentano una menopausa chirurgica precoce, causata da un’ovariectomia bilaterale (asportazione di entrambe le ovaie), e che sono portatrici di una variante del gene apolipoproteina, l’allele APOE4, potrebbero essere a rischio quattro volte maggiore di sviluppare l’Alzheimer (AD) rispetto a quelle che entrano in menopausa naturalmente, all’età media di 54 anni. Tuttavia, nelle donne che hanno subito l’asportazione ovarica, questo rischio potrebbe essere ridotto della metà grazie all’assunzione di una terapia ormonale. Questi sono i risultati di un ampio studio condotto in Australia e pubblicato online sul Journal of Alzheimer’s Disease. La ricerca, condotta dai ricercatori dell’Università di Toronto in collaborazione con l’Università di Alberta, ha coinvolto un campione di 343.603 donne, parte della Biobanca del Regno Unito.

Lo scopo della ricerca, guidata da Gillian Einstein, professore di psicologia e presidente della Wilfred and Joyce Posluns Chair in Women’s Brain Health and Aging presso l’Università di Toronto e scienziato al Baycrest Hospital, era identificare potenziali fattori di rischio e resilienza per l’Alzheimer nelle donne esposte a una riduzione precoce degli estrogeni. I risultati dello studio sembrano confermare il ruolo dell’APOE4 nell’aumentare la probabilità di sviluppare l’Alzheimer nella popolazione generale, con un’incidenza maggiore nelle donne.

Inoltre, gli autori hanno esaminato le cause di resilienza al rischio di Alzheimer, attribuibili, ad esempio, a stili di vita. Hanno osservato come un livello di istruzione elevato fosse correlato a una riduzione del 9% del rischio di sviluppare la malattia, sia nelle donne che hanno attraversato la menopausa naturalmente che in quelle che l’hanno affrontata chirurgicamente. L’istruzione, quindi, si confermerebbe come un fattore protettivo di resilienza cognitiva, comune a entrambi i sessi, in linea con studi precedenti.

In particolare, solo nelle donne sottoposte a ovariectomia bilaterale, è stata osservata una modesta associazione tra il rischio di Alzheimer e l’indice di massa corporea (BMI), con ogni incremento di una unità dell’indice che corrispondeva a un rischio inferiore del 7% di sviluppare la malattia. “Si ipotizza che la relazione di causa-effetto tra questi due fattori nelle donne sottoposte all’asportazione delle ovaie possa dipendere dalla produzione da parte del tessuto adiposo di estrone, uno dei tre estrogeni endogeni, che, in assenza di estradiolo a causa dell’ovariectomia, potrebbe contribuire a preservare la funzione cognitiva nella prima mezza età“, ha dichiarato Noelia Calvo, ricercatrice post-doc presso il laboratorio di Einstein all’Università di Toronto e prima autrice dello studio.

Un dato significativo è che la somministrazione di una terapia ormonale a base di estrogeni nelle donne con ovariectomia bilaterale precoce sembra ridurre del 50% le probabilità di sviluppare l’Alzheimer rispetto a quelle non sottoposte a trattamento.

Il rischio di Alzheimer nelle donne che subiscono una menopausa chirurgica precoce, come quelle sottoposte a ovariectomia bilaterale, non si riscontra nelle donne che entrano in menopausa in modo naturale intorno ai 51 anni o più. Gli autori dello studio spiegano che questa discrepanza potrebbe essere dovuta alla precoce interruzione della produzione di estradiolo, avvenuta ben 11 anni prima rispetto al naturale corso della vita, quando l’organismo avrebbe ancora un forte bisogno degli estrogeni.

Il nostro studio“, ha concluso Einstein, “darebbe una prima spiegazione delle maggiori probabilità per le donne di incorrere nell’Alzheimer rispetto agli uomini, fornendo anche nuove conoscenze sui fattori di resilienza che potrebbero proteggere le donne con ovariectomia dall’Alzheimer, comunque con una insorgenza più tardiva“. Queste informazioni potrebbero essere particolarmente rilevanti in previsione dell’aumento dei casi di Alzheimer. Si prevede infatti che, entro il 2050, la malattia possa riguardare circa 12,7 milioni di persone di età pari o superiore ai 65 anni, di cui oltre due terzi donne.

Le ragioni per cui l’Alzheimer è più prevalente nella popolazione femminile rispetto a quella maschile sono ancora da chiarire, ma non si esclude che eventi accaduti nel corso della vita, come una ooforectomia precoce, possano giocare un ruolo significativo.

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