Per la prima volta tracciato uno squalo mako nel Mediterraneo: aiuterà nella conservazione della specie

Il team di ricerca ha posizionato il sensore durante una spedizione di ricerca sullo squalo bianco nel Mediterraneo
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Gli squali mako sono in grave pericolo di estinzione a livello globale. Ora per la prima volta nel Mediterraneo i ricercatori sono riusciti a mettere un sensore di tracciamento su un giovane squalo mako pinna corta (Isurus oxyrinchus). Gli studiosi, guidati dal Virginia Tech, hanno dato conto dei loro risultati in uno studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Marine Science. Il team di ricerca ha posizionato il sensore durante una spedizione di ricerca sullo squalo bianco nella regione. “Durante quel viaggio di ricerca – ha dichiarato Brendan Shea, uno studente di dottorato presso il College of Natural Resources and Environment del Virginia Tech – abbiamo incontrato per caso un giovane squalo mako pinna corta. Gli abbiamo posizionato addosso un sensore elettronico, che fornisce informazioni preziose sui suoi movimenti, aiutandoci a capire come preservare meglio la popolazione della sua specie”.

Il sensore utilizzato dal team di ricerca è chiamato pop-off archival tag. Raccoglie e memorizza dati sulla temperatura dell’acqua, la profondità e i livelli di luce ambientale. Questi dati aiutano i ricercatori a stimare la posizione dello squalo e a comprenderne gli spostamenti. Il sensore si stacca dopo un periodo di tempo stabilito o se lo squalo si immerge troppo in profondità, a più di 1.800 metri, e dopo essersi staccato trasmette i dati a un satellite.

“Gli squali – ha affermato Shea – svolgono un ruolo cruciale nella salute dei nostri oceani. Un oceano sano supporta varie attività umane, quindi comprendere e conservare le popolazioni di squali è vantaggioso per tutti. Comprendere il movimento degli squali ci aiuta a sapere come collegano diversi habitat e il loro ruolo nell’ecosistema. Questi dati ci informano anche sulle profondità che occupano, il che è fondamentale per gli sforzi di conservazione”.

I protagonisti dello studio

La ricerca, condotta nell’ambito dell’iniziativa White Shark Chase guidata da Francesco Ferretti del Virginia Tech, ha coinvolto Jeremy Jenrette del Dipartimento di Conservazione della Pesca e della Fauna Selvatica del Virginia Tech , Chiara Gambardella dell’Università Politecnica delle Marche, Stefano Moro della Stazione Zoologica Anton Dohrn, Khaled Echwikhi dell’Istituto Superiore di Biologia Applicata di Medenine presso l’Università di Gabes, Robert Schallert e Barbara Block della Stanford University, Schallert di Tag-a-Giant e Taylor Chapple della Coastal Oregon Marine Experiment Station dell’Oregon State University.

Il finanziamento è stato fornito da The Explorers Club, Discovery Channel, Sharkproject, la Fondazione Bertarelli, la piattaforma Augmentum e singoli donatori.

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