Turismo e CO₂: il settore cresce insieme alle sue emissioni

Lo studio mette in luce significative disparità nella distribuzione delle emissioni pro capite legate al turismo
  • turismo emissioni
    Credit: Tourism Emissions Project Team, University of Queensland
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    Credit: Tourism Emissions Project Team, University of Queensland
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Le emissioni di carbonio associate al turismo globale hanno conosciuto una crescita significativa nell’ultimo decennio, sollevando interrogativi urgenti sulla sostenibilità del settore in un mondo che cerca di arginare la crisi climatica. Un recente studio pubblicato su Nature Communications offre una panoramica completa di questo problema, evidenziando come l’aumento della domanda turistica e i limitati progressi tecnologici siano alla base di una crescita continua delle emissioni, incompatibile con gli obiettivi climatici globali.

Il turismo: un peso crescente per il clima globale

Il turismo, pur rappresentando una delle principali industrie economiche a livello globale, è anche una delle più energivore e impattanti dal punto di vista climatico. Secondo il rapporto, dal 2009 al 2020, le emissioni legate al turismo sono cresciute a un ritmo annuale del 3,5%, raggiungendo nel 2019 ben 5,2 gigatonnellate di CO₂ equivalente, pari all’8,8% delle emissioni globali di gas serra. Questo tasso di crescita supera di gran lunga quello delle principali economie globali, come quella degli Stati Uniti, che nello stesso periodo è aumentata dell’1,5% l’anno.

La ricerca, condotta da Ya-Yen Sun e colleghi, ha utilizzato dati provenienti da 175 paesi per analizzare le impronte di carbonio del turismo globale, identificando i principali fattori responsabili della crescita delle emissioni. I risultati parlano chiaro: da un lato, gli incrementi di efficienza tecnologica sono stati limitati, con un miglioramento annuo dello 0,3%; dall’altro, la domanda turistica ha continuato a crescere a un ritmo del 3,8% annuo (a prezzi costanti del 2009).

Le disparità globali: chi contribuisce di più alle emissioni turistiche?

Lo studio mette in luce significative disparità nella distribuzione delle emissioni pro capite legate al turismo. I venti paesi maggiori emettitori, tra cui Stati Uniti, Cina e India, sono responsabili di tre quarti dell’intera impronta di carbonio del turismo. Questa concentrazione riflette le profonde disuguaglianze economiche e strutturali che caratterizzano il settore, con paesi ad alto reddito che generano una quantità sproporzionata di emissioni rispetto a quelli a basso reddito.

Un ulteriore dato di rilievo è la correlazione tra ricchezza e intensità di emissioni. Le nazioni con economie più sviluppate tendono a incentivare forme di turismo ad alta intensità di carbonio, come il trasporto aereo e il turismo di lusso. Questo pone una sfida cruciale: come bilanciare la necessità di sviluppo economico per i paesi in via di sviluppo con l’imperativo di ridurre le emissioni globali?

Lezioni dal passato e prospettive future

Mentre l’efficienza tecnologica ha permesso alcune riduzioni delle emissioni, queste sono state ampiamente compensate dalla crescita della domanda turistica. Questo dato sottolinea la necessità di interventi più incisivi, che vadano oltre l’innovazione tecnologica per includere cambiamenti sistemici nelle modalità di consumo e nelle abitudini di viaggio.

Secondo gli autori dello studio, una soluzione efficace potrebbe risiedere nell’adozione di politiche globali che tengano conto delle disparità economiche. Paesi con alte emissioni pro capite potrebbero assumersi maggiori responsabilità, implementando tasse sul carbonio più elevate e promuovendo forme di turismo sostenibile, come l’ecoturismo e il turismo locale a basse emissioni.

Al contempo, è fondamentale sensibilizzare i consumatori, spingendoli verso scelte di viaggio più consapevoli. La promozione di mezzi di trasporto meno impattanti, come i treni a lunga percorrenza, e l’incentivo a ridurre la frequenza dei viaggi a lungo raggio potrebbero rappresentare soluzioni a breve termine con un impatto significativo.

Un settore in crisi: il turismo e la pandemia di COVID-19

Il periodo analizzato dallo studio comprende anche l’anno 2020, segnato dall’emergenza globale della pandemia di COVID-19. Sebbene le emissioni del turismo siano diminuite drasticamente a causa delle restrizioni ai viaggi, questo calo non è stato accompagnato da un cambiamento strutturale delle dinamiche del settore. Con la ripresa economica, infatti, le emissioni legate al turismo hanno mostrato segni di ripresa, indicando che la pausa forzata non è stata sfruttata come un’opportunità per ripensare il modello di sviluppo turistico.

La strada verso un turismo sostenibile

Il turismo globale si trova a un bivio. Da un lato, rappresenta una delle principali fonti di crescita economica e di scambio culturale; dall’altro, è una delle industrie più difficili da decarbonizzare, a causa della sua dipendenza dai trasporti a lungo raggio e dalla crescente domanda.

Per affrontare queste sfide, sarà necessario un impegno concertato tra governi, industrie e consumatori. Come evidenziato dallo studio, senza politiche efficaci e cambiamenti nei comportamenti individuali, il turismo rischia di diventare un ostacolo insormontabile agli sforzi globali per contenere il riscaldamento climatico entro 1,5°C, come stabilito dall’Accordo di Parigi.

La domanda che si pone è quindi questa: siamo disposti a sacrificare parte del nostro comfort e della nostra libertà di viaggio per garantire un futuro sostenibile? La risposta non sarà semplice, ma il tempo per agire si sta rapidamente esaurendo.

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