Dieci anni dopo la sua adozione, l’Accordo di Parigi si conferma un punto di riferimento cruciale per la lotta contro i cambiamenti climatici. Firmato da 196 Paesi durante la COP21 a Parigi nel dicembre 2015 e reso operativo il 4 novembre 2016, questo trattato internazionale ha l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali, con l’ambizione di limitarlo a 1,5°C. Questa soglia, indicata come critica dagli esperti del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (IPCC), è fondamentale per evitare impatti climatici devastanti, come ondate di calore, siccità prolungate e precipitazioni estreme.
Il successo dell’Accordo di Parigi dipende dalla capacità dei Paesi di trasformare i propri sistemi economici e sociali per raggiungere gli obiettivi climatici. Ogni Paese si impegna a presentare piani d’azione nazionali, noti come contributi determinati a livello nazionale (NDC), che vengono aggiornati ogni cinque anni per aumentare progressivamente l’ambizione climatica. Durante la COP27 del 2022, si è ribadita la necessità di accelerare queste azioni per mantenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C, chiedendo ai Paesi di rivedere e rafforzare i propri obiettivi per il 2030.
Gli NDC rappresentano il cuore pulsante dell’Accordo, delineando le strategie nazionali per ridurre le emissioni e adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici. L’obiettivo ultimo è raggiungere un equilibrio tra le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo e la loro rimozione attraverso meccanismi naturali o tecnologici entro la seconda metà del secolo. Questo percorso richiede non solo un impegno straordinario da parte delle nazioni sviluppate, ma anche un sostegno finanziario, tecnologico e di sviluppo delle capacità per i Paesi in via di sviluppo, che spesso non dispongono delle risorse necessarie per affrontare le sfide climatiche.
Parallelamente, l’Accordo di Parigi invita i Paesi a sviluppare strategie a lungo termine a basse emissioni di gas serra, fornendo una visione di come integrare gli obiettivi climatici nelle priorità di sviluppo nazionali. Queste strategie, pur non obbligatorie, aiutano a pianificare la transizione verso economie sostenibili e resilienti, fornendo una direzione chiara per il futuro.
Il progresso verso gli obiettivi dell’Accordo è monitorato attraverso un sistema di trasparenza rafforzato che entrerà pienamente in vigore nel 2024. Questo sistema prevede che i Paesi riferiscano periodicamente sui progressi compiuti, fornendo informazioni che confluiranno nel Global Stocktake, un processo di revisione collettiva che valuterà gli avanzamenti globali e guiderà le azioni future.
Sebbene ci siano ancora sfide significative, l’Accordo di Parigi ha già prodotto risultati tangibili. Sempre più Paesi, regioni e aziende stanno fissando obiettivi di neutralità climatica, mentre le soluzioni a zero emissioni di carbonio stanno guadagnando terreno in settori chiave come l’energia e i trasporti. Queste iniziative, che rappresentano il 25% delle emissioni globali, sono destinate a diventare ancora più competitive entro il 2030, potenzialmente coprendo oltre il 70% delle emissioni globali.
Dieci anni dopo, l’Accordo di Parigi dimostra di essere non solo una pietra miliare nella lotta ai cambiamenti climatici, ma anche un faro di speranza per un futuro sostenibile. Tuttavia, il tempo stringe, e l’azione collettiva e ambiziosa rimane essenziale per evitare le conseguenze più gravi di un pianeta in surriscaldamento.