Terremoti, Valensise (INGV): “conclusa lunga e insolita quiete, scosse in Sicilia e a Siena interessanti e particolari” | INTERVISTA

Terremoti, Gianluca Valensise dell'INGV fa il punto in un'intervista a MeteoWeb: la situazione dopo le scosse a Siena, ai Campi Flegrei, nel basso Tirreno e a Santorini
MeteoWeb

E’ tornata a tremare la terra in Italia e nei dintorni (Santorini) negli ultimi giorni, dopo un lungo periodo di quiete sismica particolarmente anomalo nei mesi scorsi. Da Siena ai Campi Flegrei, dove sono in corso due sciami sismici, la preoccupazione si è estesa anche al profondo Sud con la scossa di magnitudo 4.8 nel basso Tirreno venerdì pomeriggio, mentre le scosse di Santorini continuano a tenere col fiato sospeso non solo i locali ma anche le altre zone del Mediterraneo esposte al potenziale rischio di tsunami. Per capire bene cosa sta succedendo abbiamo interpellato Gianluca Valensise, ricercatore dell’INGV, tra i più importanti sismologi italiani.

E’ vero che la situazione sismica si è riaccesa in questi giorni dopo un lungo periodo di mesi e mesi di quiete assoluta, che non ricordiamo a memoria, oppure è solo una nostra impressione? 

“Non è solo una vostra impressione. Presto servizio presso la sala sismica di Roma, quindi tocco con mano quello che succede. Nei mesi scorsi abbiamo avuto settimane intere senza neanche scosse di magnitudo 3 in tutt’Italia, una cosa davvero insolita. La quiete sismica dei mesi scorsi è quindi davvero particolare. E non riguarda soltanto i terremoti piccoli”. 

Cioè? 

“In Italia in media accade un forte terremoto ogni cinque anni; un evento che causa danni seri e anche vittime. Adesso sono passati otto anni e mezzo dall’ultimo terremoto significativo, quello del 2016 nell’Appennino centrale, quindi siamo un po’ fuori media. E’ vero che queste sono medie su lunghi periodi, quindi questo ritardo non ha un significato statistico; ci possono essere anche periodi superiori a dieci anni senza terremoti forti. Però è opportuno essere in allerta, perché purtroppo prima o poi qualcosa di serio in qualche zona d’Italia ce lo dobbiamo aspettare. E in questi giorni abbiamo avuto un assaggio”. 

Immagino che la situazione che maggiormente preoccupa sia quella dei Campi Flegrei, anche per la densità abitativa dell’area. 

“I terremoti dei Campi Flegrei sono un fenomeno a parte, perchè sono terremoti in area vulcanica e di origine vulcanica, e quindi sono legati anche a un rischio eruttivo. E’ l’unica area che ha subito una certa sismicità in Italia nei mesi scorsi, ma fa storia a sé, perché la situazione viene monitorata dall’Osservatorio Vesuviano di Napoli, che è una sezione dell’INGV, con una rete sismica particolarmente fitta e con strumenti che misurano le deformazioni del suolo, la compoisizione delle fumarole, ecc.. Le magnitudo dei terremoti dei Campi Flegrei non sono mai elevate, ma sono comunque terremoti importanti, significativi, con forti scuotimenti e con danni seppur concentrati in una zona molto ristretta. I terremoti vulcanici, come quelli dei Campi Flegrei o di Ischia, sono molto superficiali, e quindi i loro effetti interessano un’area decisamente piccola. Anche l’area in cui avvengono questi terremoti è decisamente limitata: quasi tutte le scosse avvengono in una zona di pochi chilometri alle spalle del centro di Pozzuoli. E’ sicuramente una situazione che l’Osservatorio Vesuviano sta monitorando con grande attenzione: questi terremoti, come gli altri parametri che vengono monitorati, servono anche a capire se lo scenario dovesse malauguratamente degenerare, e a capirlo in in tempo utile per organizzare le dovute contromisure ed evitare gravi conseguenze sulla popolazione. Diverso è il caso per tutte le altre numerosissime zone sismiche italiane, che in genere non danno alcun preavviso. Anche se…”

Il termine “previsioni” è per dogma bandito nella sismologia, eppure c’è piena conoscenza su quali aree verranno colpite da forti terremoti in futuro. 

“Il termine previsioni è correttamente bandito perché non siamo in grado di dare un’indicazione temporale, una data, un riferimento sul quando questi terremoti si verificheranno. Quindi meglio non parlare di previsioni, ma di “terremoti attesi”. Ad esempio il terremoto di magnitudo 4.8 di ieri in Sicilia, alle isole Eolie, era atteso, e non lo dico con il senno di poi.  In Italia esiste una banca dati che si chiama Database delle Sorgenti Sismogenetiche Individuali, acronimo DISS, che si trova facilmente online. In questo database sono rappresentate tutte le sorgenti sismogenetiche potenziali per terremoti di magnitudo 5.5 e superiori, e il terremoto di ieri si è verificato proprio in una di questi sorgenti. Significa che in quella zona ci aspettiamo terremoti anche molto più forti di quello di ieri, superiori a magnitudo 5.5 e quindi anche di magnitudo 6.0 o 6.5. Quelle contenute nel database DISS sono sorgenti sismogenetiche identificate attraverso dati scientifici, che includono osservazioni geologiche e geodinamiche e l’evidenza dei terremoti del passato. Su questa solida base si può asserire che prima o poi queste sorgenti genereranno terremoti importanti. Ripeto, non è una previsione perché non possiamo dire con esattezza quando, se domani o tra qualche anno o tra un secolo, ma è quello che si può fare oggi ed è un dato molto importante, anche per aumentare la consapevolezza delle popolazioni, dei territori e delle autorità”. 

Fortunatamente il terremoto di magnitudo 4.8 di ieri in Sicilia non ha provocato danni, ma qual è il rischio sismico di quella zona? 

“La scossa di ieri è estremamente interessante perchè avviene in una zona che da tempo è riconosciuta come un settore in compressione. Mentre l’Appennino, fino allo Stretto di Messina e nella parte settentrionale della Sicilia, è generalmente in estensione, ovvero è una regione allungata dalla Liguria alla Sicilia in cui la crosta si sta estendendo, come documentano i terremoti dell’Irpinia, del Pollino, dello Stretto di Messina e dei Nebrodi, nel Tirreno meridionale accade qualcosa di diverso. Noi sappiamo dallo studio dei meccanismi focali, elaborazioni che si basano sui sismogrammi, che in Appennino, nell’Arco Calabro e in Sicilia settentrionale molti importanti terremoti sono estensionali, in accordo con il quadro geodinamico di questi settori della penisola. Invece nel Tirreno meridionale c’è un corridoio sismogenetico parallelo alla costa tirrenica della Sicilia, posto circa 30 km al largo dal litorale, che è un settore in compressione pura, come conferma il meccanismo focale del terremoto ieri. Ebbene, in quella zona si possono verificare terremoti anche molto forti. Ricordo il terremoto del 5 marzo 1823, molto importante anche se non particolarmente noto. Si è verificato esattamente 202 anni fa, e tutto fa pensare che è stato localizzato nella stessa zona del terremoto di ieri, tra Alicudi e Filicudi, alle isole Eolie, con effetti importanti sulla costa siciliana. Forse era anche più forte di quello che si stima: i cataloghi riportano ricostruzioni di magnitudo 5.7 / 5.8 ma questa magnitudo, ottenuta elaborando gli effetti sul territorio di quell’evento, che sono ben documentati storicamente, è quasi certamente sottostimata. Probabilmente si trattò di un terremoto di magnitudo 6.0 o addirittura 6.5. Ci furono crolli e danni seri da Palermo a Patti: a Naso si arrivò addirittura a un VIII-IX grado Mercalli, e tutte le città minori della costa nord della Sicilia subirono danni”.

terremoti sud italia

Però se si ripetesse oggi, dopo oltre due secoli, un terremoto di quella portata, immagino che le conseguenze sul territorio sarebbero molto più contenute.

“Una ripetizione oggi di un terremoto come questo avrebbe effetti devastanti. Palermo è soprattutto la città che mi dà più pensiero, anche perché in questa città sono diffusi gli effetti di amplificazione di sito, ampiamente documentati”. 

Cos’è l’amplificazione di sito?

“Sappiamo che in alcune località i terremoti vengono amplificati in base a vari fattori, e principalmente dalla natura del terreno di fondazione, tanto che nel passato le popolazioni spostavano gli insediamenti in aree più sicure, una volta resisi conto che in alcune specifiche zone le abitazioni crollavano più facilmente. Di solito queste condizioni sono tipiche delle aree alluvionali, dunque delle aree topograficamente più basse: se un paese o una città sorge su roccia non subirà amplificazioni, mentre se è fondato su un terreno alluvionale ai piedi dei rilievi, il fenomeno quasi certamente si manifesterà . Queste amplificazioni sono note da sempre, ma sono state comprese e indagate da relativamente poco tempo, ovvero dagli anni ’80, e sono molto diffuse, quindi è difficile venirne a capo. Utilizziamo la microzonazione sismica per identificare le porzioni del territorio in cui i terremoti possono dare amplificazione. Il terremoto del 1980 restò famoso perchè i paesi storici dell’Irpinia, in cima alle colline, furono quasi sempre meno danneggiate degli insediamenti moderni ai piedi delle colline stesse. A Roma, in occasione di forti terremoti appenninici, i danni più vistosi si concentrano sempre nella valle del Tevere, dunque nei quartieri storici, e difficilmente nelle parti più alte della città”. 

Torniamo al terremoto di ieri in Sicilia: oltre al 1823 ci sono altri precedenti storici degni di nota? 

“Nel 1726, quindi altri cento anni prima, c’è stato un altro terremoto abbastanza forte localizzabile sempre nel Tirreno meridionale, che causò danni importanti a Palermo, e poi ci sono stati danni anche nel 1940 per un’altra scossa nella stessa area. Parliamo in tutti i casi di scosse decisamente più forti rispetto a quella di ieri. Sono terremoti il cui epicentro è in mare aperto, lontano dalla costa: se provocano danni sulla costa, che dista almeno 30-40 km dall’epicentro, significa che la loro magnitudo deve essere stata davvero elevata. Lo conferma indirettamente il fatto che per la scossa di ieri, di magnitudo 4.8, non c’è stato alcun danno neppure minimo, in nessuna località”. 

Un’altra zona d’Italia che sta vivendo giorni di apprensione è quella di Siena. 

“Le scosse del senese sono iniziate domenica 2 febbraio. C’è stato un primo terremoto di magnitudo 3.2, preceduto e seguito da uno sciame sismico: una sequenza che ha  interrotto bruscamente il lungo periodo di quiete di cui parlavamo all’inizio. Negli ultimi due giorni le scosse sono riprese, con scosse più o meno della stessa magnitudo delle precedenti. Questi terremoti nel senese sono abbastanza strani perché sono superficiali, ma nonostante questo vengono avvertiti in una zona relativamente ampia. Provocano grande spavento nella popolazione, forse perché sono localizzati molto vicino ad una città molto popolosa e turistica come Siena, tanto che inizialmente sono state chiude anche le scuole. Sicuramente i senesi sono iper-sensibilizzati rispetto ai terremoti, anche perché negli ultimi anni hanno subito sequenze sismiche anche più energetiche, fino a magnitudo 4 nel Chianti senese. E poi i senesi sanno bene – curiosamente, visto che l’area non è certo tra le più sismicamente pericolose d’Italia – che cosa significano gli effetti dei terremoti. In vari punti della città storica si osservano ancora oggi gli effetti dei terremoti del passato, dunque evidentemente c’è una memoria storica condivisa di questi fenomeni: un fatto positivo e certamente da incoraggiare, anche se curiosamente questa sensibilità è quasi sproporzionata rispetto all’entità dei terremoti stessi. Sarebbe utile che questa consapevolezza ci fosse anche in tutto il resto del paese”. 

Per concludere, parliamo di Santorini: siamo fuori dai confini italiani, ma il rischio di un forte terremoto che provochi uno tsunami nel Mediterraneo preoccupa anche l’Italia. E poi anche lì tutto è iniziato mentre ricominciavano i terremoti in Italia. C’è un legame tra le scosse degli ultimi giorni nel nostro Paese, e lo sciame sismico nell’Egeo? 

Escluderei legami diretti. E’ vero che siamo tutti nella stessa barca, il Mediterraneo, ma quello è l’unico punto in comune. I terremoti dell’Egeo sono estensionali, lì l’estensione è sia in terraferma che nel mare“.

Il terremoto a Santorini richiama leggendarie apocalissi e forse questo fa più paura.

“La dinamica che controlla i terremoti di questo periodo a Santorini è una dinamica tettonica normale: l’Egeo si sta estendendo in varie zone: anche negli anni scorsi ci siano stati terremoti in mare vicino ad altre isole dell’Egeo, quindi non legati ad attività vulcanica, come si potrebbe ritenere sia il caso di Santorini. Si noti poi che ci sono anche altre isole coinvolte nello sciame sismico di Santorini, ma se ne parla poco perché non sono altrettanto turistiche. Santorini è nota per fenomeni di natura vulcanica di portata biblica: parliamo della fine della civiltà minoica, che si ritiene sia stata causata da un evento che sarebbe avvenuto in epoche remotissime, addirittura nel secondo millennio prima di Cristo, e che avrebbe causato anche uno tsunami immenso, oltre che distruzione totale sull’isola e nelle isole vicine. L’arco del Mar Egeo, che passa a sud di Creta, è una zona da tenere in grande considerazione; questo arco segna la traccia in superficie di un’area di subduzione grazie alla quale la placca africana si infila al di sotto della placca europea a circa 4 cm l’anno. Questo fenomeno causa terremoti importanti, fino a magnitudo 8.0 e forse oltre, che in almeno due casi negli ultimi duemila anni hanno causato a forti tsunami”. 

Il famoso 365 d.C.

“Sì, il più forte e distruttivo. Siamo alla fine dell’occupazione romana in quella zona del Mediterraneo e questo terremoto ha provocato un grande maremoto che ha colpito le coste orientali della Sicilia, della Calabria e della Puglia salentina. Parliamo di uno tsunami che arriva a causa di un terremoto che qui da noi quasi certamente non ha causato danni, o forse è stato appena avvertito. Poiché le onde di maremoto viaggiano su distanze lunghissime, può succedere che un terremoto venga avvertito molto lievemente, senza destare preoccupazioni, ma che poi arrivino onde di tsunami di diversi metri di altezza. E’ accaduto nel 2004 nell’Oceano Indiano, dove le onde anomale arrivarono in zone così lontane che la scossa non era neppure debolmente avvertita. Ma non c’è solo il terremoto 365 d.C.; c’è ne è stato un altro nel 1303, in pieno Medioevo, che ha colpito la zona orientale di Creta, a differenza di quello di mille anni prima, che si è verificato nella sua porzione occidentale, quindi più vicino all’Italia. Questo terremoto e tsunami del 1303 ha provocato danni in Egitto, ad Alessandria, e sicuramente avrà avuto effetti molto estesi lungo le coste del Medio Oriente. Parliamo di terremoti di magnitudo 8.0 e più, eventi che per fortuna in Italia non abbiamo mai visto e probabilmente non vedremo mai; la pericolosità sismica della Grecia, e in particolare di Creta, così come quella della Turchia, è decisamente più elevata che in Italia”. 

Quindi la situazione attuale di Santorini e dell’Egeo non preoccupa così tanto? 

“Bisogna sempre monitorare la situazione con attenzione, ma per il momento le scosse più forti sono di magnitudo appena superiori a 5.0; speriamo continui così, senza scosse più forti. In Grecia si costruisce bene, e non mi aspetto crolli neanche con scosse di magnitudo superiore a 5.0. Purtroppo il confronto con l’Italia è impietoso. E’ pur vero che lì la densità di popolazione è minore, ed è anche vero che tranne Atene, in Grecia non ci sono grandi agglomerati urbani; ma se guardiamo i terremoti degli ultimi decenni e le conseguenze che hanno provocato, emerge che in Grecia avvengono molti più terremoti, e mediamente più forti dei nostri, che però hanno provocato sempre meno vittime e meno danni”.

gianluca valensise
Gianluca Valensise – INGV
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