Artico sotto attacco: l’espansione umana minaccia ecosistemi fragili

Il crescente interesse economico per l'Artico, spinto dalla ricerca di nuove risorse e opportunità, richiede un’attenta riflessione sulla necessità di uno sviluppo equilibrato
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L’Artico, un ecosistema fragile e prezioso, sta subendo una crescente colonizzazione da parte dell’uomo, con un incremento allarmante delle attività industriali. Questa è la conclusione di uno studio condotto dall’Università di Zurigo e recentemente pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). La ricerca mette in luce come il riscaldamento globale, correlato al cambiamento climatico, abbia reso la regione più accessibile, aprendo la strada a un’intensificazione dell’urbanizzazione e dello sviluppo industriale.

L’impatto umano sull’Artico

Per analizzare l’impatto umano sull’Artico, gli autori dello studio hanno utilizzato un approccio innovativo, esaminando l’illuminazione artificiale notturna (ALAN) attraverso immagini satellitari raccolte nel periodo compreso tra il 1992 e il 2013. Dei 16,4 milioni di chilometri quadrati (km²) esaminati, 839.710 km², ovvero il 5,14% del totale, risultano illuminati da attività umane. Questo dato è particolarmente significativo, considerando che la crescita annuale della superficie illuminata ha registrato un tasso del 4,8%. Le regioni europee dell’Artico e le aree di estrazione di petrolio e gas in Alaska e Russia si sono rivelate i principali punti caldi di attività umana, con fino a un terzo della superficie terrestre illuminata in queste zone. In contrasto, l’Artico canadese risulta perlopiù buio, suggerendo una disparità nell’urbanizzazione e nello sviluppo industriale tra le diverse aree.

Gli insediamenti residenziali

Un aspetto interessante emerso dalla ricerca è che, in media, solo il 15% dell’area illuminata è stata associata a insediamenti residenziali. Questo dato suggerisce che la maggior parte dell’illuminazione deriva da attività industriali, sottolineando la predominanza di operazioni estrattive e commerciali rispetto a quelle residenziali. “Documentare l’attività umana nell’Artico – spiegano i ricercatori – è un passo cruciale verso lo sviluppo sostenibile della regione. Dividere l’attività umana nelle sue componenti di urbanizzazione e industrializzazione migliora la nostra comprensione dei meccanismi, dell’eterogeneità e della concentrazione dell’attività economica delle diverse regioni“.

Questa ricerca non solo offre una panoramica sulla crescente presenza umana nell’Artico, ma fornisce anche un’importante valutazione su scala pan-artica dell’attività industriale umana. Gli scienziati hanno evidenziato la presenza di hotspot spaziali e un elevato tasso di sviluppo annuale, che contribuiscono a un ulteriore deterioramento degli ecosistemi artici, già vulnerabili e minacciati dal cambiamento climatico.

L’illuminazione artificiale

L’illuminazione artificiale, simbolo dell’attività umana, non rappresenta solo un cambiamento estetico, ma ha implicazioni significative per la fauna selvatica e la biodiversità della regione. L’inquinamento luminoso può alterare i cicli naturali degli animali, disturbando i loro comportamenti migratori e riproduttivi. In questo contesto, è cruciale promuovere un approccio sostenibile che contempli la protezione di queste aree delicate e la riduzione dell’impatto delle attività industriali.

Il crescente interesse economico per l’Artico, spinto dalla ricerca di nuove risorse e opportunità, richiede un’attenta riflessione sulla necessità di uno sviluppo equilibrato. “Qui forniamo una valutazione su scala pan-artica dell’attività umana industriale, rilevando hotspot spaziali e un elevato tasso di sviluppo annuale che aggiunge pressione sui vulnerabili ecosistemi artici che sono già minacciati dal forte cambiamento climatico“. Gli autori del studio sottolineano così l’urgenza di adottare misure di protezione e gestione per salvaguardare questo prezioso ecosistema.

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