Addio ad Olivia de Havilland, ultima star di “Via col Vento”: aveva 104 anni

Olivia de Havilland, Melania Hamilton in “Via col Vento”, si è spenta a Parigi: aveva compiuto 104 anni lo scorso primo luglio
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Il mondo del cinema piange Olivia de Havilland, una delle ultime stelle dell’età dell’oro di Hollywood. L’ultima sopravvissuta del cast stellare di “Via col Vento” si è spenta a Parigi all’età di 104 anni, secondo quanto riferisce la BBC. Indimenticabile interprete di film come “Rebecca, la prima moglie” o anche “L’Ereditiera”, Olivia de Havilland era stata anche Melania Hamilton in “Via col Vento”. I funerali saranno in forma privata. Aveva compiuto 104 anni il primo luglio scorso.

Olivia de Havilland è morta sabato, nella sua casa di Parigi, dove si era trasferita all’inizio degli anni cinquanta dopo aver abbandonato Hollywood, e si è spenta nel sonno. Britannica naturalizzata statunitense, era anche la più longeva Premio Oscar vivente. Per due volte si era aggiudicata l’ambita statuetta: nel 1947 per “A ciascuno il suo destino” e nel 1950 con “L’Ereditiera”. Olivia de Havilland era la sorella di Joan Fontaine, indimenticabile protagonista di “Rebecca, la prima moglie”, il film di Alfred Hitchcock, con cui l’attrice, all’epoca 22enne, anche lei si aggiudicò un Premio Oscar.

Nata in Giappone nel 1916, De Havilland aveva ricevuto premi e riconoscimenti negli Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Oltre ai due Oscar, nel 1986 vince il Golden Globe per il suo ruolo nel film “Anastasia, l’ultima dei Romanov”. Olivia de Havilland era diventata una celebrità poco più che ventenne e per oltre 80 anni è stata una leggenda vivente della cinematografia. Anche per “Via col Vento” aveva ricevuto una nomination come miglior attrice non protagonista ma non l’Oscar che andò invece all’attrice Hattie McDaniel. Oltre che per le cronache cinematografiche, Olivia de Havilland è famosa anche per i continui gossip che hanno a lungo circondato la sua carriera per la rivalità con la sorella Joan Fontaine (1917-2013), star della Hollywood degli anni ’40 e ’50.

Cittadina inglese, naturalizzata statunitense nel 1941, era nata il 1° luglio 1916 a Tokyo da Walter Augustus de Havilland, avvocato inglese con studio nella capitale giapponese, specializzato in materia di brevetti, e Lilian Augusta Ruse, attrice nota con il nome d’arte di Lilian Fontaine. Poco dopo la nascita della sorella minore Joan, più piccola di 13 mesi, i loro genitori divorziarono quando Olivia Mary aveva tre anni e con la madre lasciò Tokyo per Los Angeles. Iscrittasi al Mills College di Oakland, ebbe modo di esibirsi come attrice partecipando all’allestimento scolastico della commedia ”Sogno di una notte di mezz’estate” di William Shakespeare e facendosi notare dal regista Max Reinhardt che nel 1934 la scelse per la sua versione dello spettacolo e l’anno successivo per la celebre, innovativa e visionaria trasposizione cinematografica da lui diretta con William Dieterle. Fu per questa interpretazione che la Warner Bros offrì a Olivia un contratto di sette anni. Ebbe così modo di interpretare ”Alibi Ike” (1935) di Ray Enright, ”Colpo proibito” (1935) di Lloyd Bacon e soprattutto ”Capitan Blood” (1935), con il quale iniziò il felice sodalizio artistico con il regista Michael Curtiz e l’attore Errol Flynn, che proseguì con ”La carica dei 600” (1936), ”La leggenda di Robin Hood” (1938) codiretto da William Keighley, ”La quadriglia dell’illusione” (1938), ”Gli avventurieri” (1939), ”Il conte di Essex” (1939) e ”I pascoli dell’odio” (1940).

Nello stesso anno di ”A ciascuno il suo destino” (1946), ricoprì un indimenticabile duplice ruolo nel noir ”Lo specchio scuro” di Robert Siodmak: il film permise all’attrice di scindersi in modo radicale, rendendo oltremodo riconoscibili e polarizzate le due gemelle interpretate, ciascuna corrispondente agli opposti aspetti di una personalità schizofrenica: la prima, Ruth, con gli occhi sempre bassi, la voce morbidamente querula e i lineamenti mobili da vittima affranta, sintesi della personalità cinematografica delineata in precedenza dalla de Havilland; la seconda, Terry, con il tono deciso e stentoreo della voce, il volto e il corpo rigidi, riflesso di un’immobilità sprezzante, prefigurante invece i futuri personaggi. Dopo la straordinaria interpretazione, ancora in un ruolo di donna malata di amnesia depressiva, nel crudo dramma ”La fossa dei serpenti” (1948) di Anatole Litvak, sua terza nomination, in ”L’ereditiera” (1949) di William Wyler fu di nuovo una donna illusa, corteggiata soltanto per bieco interesse. Tuttavia qualcosa era cambiato nella fanciulla delle sintomatiche parabole militariste di Curtiz o di Walsh, ovvero nella dama austera, rinunciataria e consenziente, sorridente suo malgrado, ottocentesca incarnazione di un solido puritanesimo, fisiologicamente e serenamente tradizionalista, spesso caratterizzata da una spiccata vocazione per il vincolo matrimoniale, cui è costretta ad aspirare da potenziale zitella. Come se la mediocre, accomodante e opaca Melania di ”Via col Vento” si fosse a un tratto evoluta, per istinto o per reazione, in una più implacabile e tragica Rossella, in ”L’ereditiera” la de Havilland scioglie, infatti, nel giro di una sequenza la tensione accumulata, abbandona lo sguardo triste, l’espressione tirata e con uno scatto di dignità e di orgoglio manifesta un’insospettabile perfidia, scevra da condizionamenti maschili e legati all’ambiente sociale. Da quel momento, lasciati emergere gli aspetti più inquietanti e inconfessabili del suo personaggio, l’attrice diradò le apparizioni sullo schermo, trasferendosi a Parigi nel 1955 e sposando il giornalista e scrittore francese Pierre Galante, da cui divorzierà nel 1979 (dal 1946 al ’53 fu sposata con lo scrittore e attore statunitense Marcus Goodrich).

Tra le interpretazioni successive sono da ricordare: ”Mia cugina Rachele” (1952) di Henry Koster, il superlativo e autoironico ”Un giorno di terrore” (1964) di Walter Grauman e, al fianco di Bette Davis, il morboso ”Piano… piano, dolce Carlotta” (1964) di Robert Aldrich. Tra le ultime apparizioni sul grande schermo ”Airport ’77” (1977) e ”Swarm” (1978). Nel 1962 pubblicò l’autobiografia ”Every Frenchman has one” (Random House), resoconto spensierato dei tentativi spesso divertenti della diva di comprendere e adattarsi alla vita, alle buone maniere e ai costumi francesi. Nel 2017, per il suo 101º compleanno, la regina Elisabetta le conferì l’onorificenza di Dama dell’Impero Britannico.

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