Alluvione in Sardegna: 47 avvisi di garanzia per il disastro del novembre 2013

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Sono 47 gli indagati per l’alluvione che nel novembre del 2013 che travolse la Gallura e il Nuorese, causando 19 morti

”Inondazione, frana o valanga”, ”crollo di costruzioni o altri disastri dolosi”, ”omicidio colposo”, ”lesioni personali colpose”. Sono alcuni dei capi d’accusa che stamani i carabinieri della compagnia di Siniscola (Nu), al comando del capitano Andrea Senes, hanno notificato a 47 indagati per l’alluvione che nel novembre del 2013 scatenò la bomba d’acqua che cadde sulla Gallura e sul Nuorese, causando 19 morti, un disperso mai ritrovato a Bitti e 650 milioni di euro di danni. Tra gli indagati figurano l’ex presidente della Provincia di Nuoro, assessori, sindaci, dirigenti della Protezione civile regionale e provinciale, funzionari della Regione Sardegna, del Consorzio di Bonifica, progettisti e costruttori della diga di Maccheronis, in comune di Posada (Nu), che fu colpita dalla bomba d’acqua che tracimò immediatamente dopo. Milioni di metri cubi d’acqua, in pochi istanti, si riversarono nell’alveo del Rio Posada e gli argini del fiume non riuscirono a trattenere quell’incredibile massa d’acqua che dilagò nelle campagne di Torpe’ e di Posada. L’evento determinò la morte di un’anziana donna, Maria Frigiolini, costrinse centinaia di persone ad abbandonare le proprie abitazioni e produsse danni incalcolabili. Appena terminata l’emergenza, la Procura di Nuoro costituì uno staff, composto da consulenti tecnici scelti tra i maggiori esperti del settore, da esperti in materia di protezione civile e dal nucleo operativo della compagnia cc di Siniscola che si mise immediatamente al lavoro per individuare i responsabili di quell’immane disastro. L’indagine si è sviluppata, sostanzialmente, lungo tre direttrici tutte rivolte a verificare le cause degli eventi e se tra tali cause potessero individuarsi responsabilità a titolo di colpa per eventuali condotte od omissioni: la prima, squisitamente progettuale/strutturale, ha portato gli inquirenti a individuare coloro che ”per condotte, omissioni, produzione di atti che, seppur colposamente, per ragioni di imperizia, imprudenza, violazione di norme di legge o di regolamenti abbiano contribuito a dar causa ai disastrosi eventi; la seconda direttrice si è snodata al fine di analizzare se e come sono stati svolti nel corso degli anni i lavori di manutenzione, gli interventi gestionali nonché nuove progettazioni che interessassero la diga di Maccheronis e gli argini che insistevano lungo il corso del Rio Posada; la terza ed ultima direttrice, invece, si è indirizzata al fine di chiarire come la protezione civile ha svolto il proprio compito preventivo e come il suo meccanismo ha reagito all’allarme, nonché all’individuazione dei responsabili del suo malfunzionamento”. Nel corso dei 18 mesi successivi, magistratura, carabinieri ed esperti, in sinergia tra loro, hanno effettuato innumerevoli sopralluoghi, sentito decine di persone informate sui fatti e svolto numerosissimi accertamenti fino ad arrivare, infine, all’individuazione di 47 persone, tra politici locali, direttori tecnici, direttori di cantiere, commissari, collaudatori, ingegneri, progettisti, responsabili e direttori di lavori che, a vario titolo, sono ritenuti responsabili del disastro. Questa mattina all’alba, i carabinieri hanno loro notificato, buona parte in Sardegna, ma anche in altre parti d’Italia, gli avvisi di garanzia. Il direttore generale dell’Ente foreste della Sardegna il responsabile della Protezione civile dell’Ente foreste della provincia di Nuoro sono stati indagati per delitti colposi per ”inondazione”, ”crollo di costruzioni o altri disastri dolosi”, ”omicidio colposo”, ”lesioni personali colpose”. In particolare, ”seppur informati nei rispettivi incarichi dell’allerta di criticità elevata per rischio idrogeologico localizzato più di 24 ore prima dell’evento alluvionale, omettevano, in cooperazione colposa con il Corpo forestale regionale, di istituire e rafforzare il presidio ed il monitoraggio delle aree limitrofe e a valle del Rio Posada in cui si sono verificati gli eventi prevedibili di pericolo per la pubblica incolumità, di danneggiamento e morte, essendo state quelle aree presidiate in via saltuaria ed insufficiente, senza il mantenimento dell’adeguata sorveglianza e controllo sul livello idrico del fiume e sull’impedimento della permanenza e del transito”.

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