Carnevale: le maschere classiche della tradizione carnevalesca italiana

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Come di consueto, alle porte del Carnevale inizia la caccia alla maschera più originale e trendy. Ma perché non rispolverare quelle classiche della tradizione italiana che spesso soccombono a vari supereroi in voga al momento?

Una delle maschere più note è il povero Arlecchino, vestito con un costume multicolore, costituito da pezze colorate, regalategli da amici. Arlecchino, che agli inizi personificava il servo lazzarone e truffaldino, mezzano e cinico, in seguito, soprattutto con Carlo Goldoni, si trasformò nel popolano malizioso, ma infondo onesto e sensato, che ha per compagna Colombina o Smeraldina, briosa e furba servetta che parla veneziano ed è affezionata alla sua signora Rosaura, tanto che, pur di renderla felice, è disposta a combinare imbrogli su imbrogli.

BALANZONEMaschera tipica di Bologna è il dottor Balanzone, così chiamato per via della “balanza”, la bilancia, simbolo della giustizia che regna e trionfa nei tribunali. Lo chiamano Sapientone perché crede di saper tutto; è un medico e un gran scienziato che ha guarito persino Pulcinella da una misteriosissima malattia latina chiamata “Sanissino sunt”. Ma le maschere tradizionali italiane sono davvero numerose: dal nervoso e rompiscatole Pantalone, che impersona un vecchio mercante veneziano avido e brontolone, a Gianduia, popolare maschera piemontese, un galantuomo di carattere allegro, amante del buon vino e della buona tavola, con la sua fedele compagna Giacometta, con la quale, nei giorni di Carnevale, gira su una carrozza di gala e va a far visita ad ospedali e ospizi, ossequiando le autorità cittadine.

PULCINELLAMaschera popolare bergamasca della Commedia dell’Arte è Brighella. Pare che il suo nome derivi da “brigare” o “briga”, vale a dire “intrigo”… una delle caratteristiche principali del personaggio, tanto che ancora oggi si usa dire “fare brighella”, cioè “comportarsi in modo poco serio”. Maschera napoletana per eccellenza è Pulcinella, servo scaltro, dall’indole svogliata, che si adatta per vivere a fare un po’ di tutto, dal ladro al fornaio, dall’oste al contadino, girando per i vicoli della sua città alla ricerca di espedienti per sopravvivere o di occasioni per prendersi in giro dei ricchi.

SCARAMUCCIAProseguendo, il romano Rugantino, sconclusionato e attaccabrighe, che deve il suo nome dal verbo dialettale romanesco “rugà” (comportarsi con arroganza); Stenterello, maschera toscana, inventata a fine 1700 da un attore, Luigi del Buono, ispirandosi al tradizionale Zanni, che lo rese famoso nei teatri, teatrini e baracche di burattini della Toscana. Malizioso di natura, sempre pronto a far la corte alle donne, è generoso con chi è più povero di lui e supera le avversità della vita con ottimismo. Infine Scaramuccia, maschera napoletana che incarna il tipo spaccone, sempre in silenzio, eccezionale scansafatiche e Meneghino, maschera tipica milanese, amante della vita tranquilla, bonario, con un forte senso morale, grande dignità e una buona dose di saggezza, che col tempo divenne l’emblema della popolazione milanese che lo elesse a simbolo della propria tensione alla libertà, nel corso della dominazione austriaca.

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