Il forte terremoto di magnitudo 3.7 che alle 00:32 della notte ha colpito la Puglia, avvertito da centinaia di migliaia di persone soprattutto a Brindisi, Taranto, Bari, Lecce, Francavilla Fontana, Mesagne, Manduria, Grottaglie, Matera e Noci, s’è verificato in una delle zone meno sismiche d’Italia. Questo, però, non significa che non possono verificarsi terremoti.
La Puglia, infatti, è una regione con una sismicità variabile a seconda delle zone. Le province di Bari, Brindisi e Taranto sono praticamente asismiche o esposte ad un basso rischio sismico, e proprio qui, nella zona a più basso rischio, s’è verificata la scossa di ieri sera che comunque non ha provocato danni vista anche la profondità di 28km. Proprio quest’ipocentro ha determinato la propagazione delle onde sismiche a grandi distanze, coinvolgendo una vastissima area dove però sono giunte (fortunatamente) in modo meno impetuoso.
Barletta è esposta ad un rischio sismico basso, tuttavia sono stati registrati isolati terremoti di magnitudo rilevante nella zona. Si ricorda l’evento dell’11 Maggio 1560 di magnitudo 5.7 che provocò danni e apprensione lungo tutto il litorale di Bisceglie, fra Trani e Molfetta.
Lecce anche sarebbe esposta ad un rischio sismico basso, se non fosse per il violento terremoto di magnitudo 7.1 che il 20 Febbraio 1743 colpì duramente il basso Jonio, provocando gravi danni a Nardò dove morirono nel crollo delle loro abitazioni almeno 200 persone. Ma del Salento parleremo meglio più avanti.
La Provincia di Foggia, invece, che comprende anche la zona del Gargano, è spesso interessata da eventi anche di forte intensità e quindi esposta ad un rischio sismico elevato. Almeno 6 le scosse distruttive di magnitudo superiore al sesto grado della scala Richter che periodicamente hanno provocato danni o vittime nel territorio. L’ultima il 6 Dicembre 1875 a San Marco in Lamis, magnitudo 6.1, che provocò gravi danni alla Chiesa Madre e ad altre strutture pubbliche e private delle borgate più vicine.
Storicamente i terremoti più forti della Puglia si sono sempre verificati nel Gargano (1223 I=IX, 1627 I=X, 1646 I=X, 1657 I=IX-X) e nel Foggiano (1361 I=X, 1456 I= IX, 1731 I=IX), dove sono riconosciuti sistemi di faglie molto evidenti. Gli effetti di queste scosse, e di altre avvenute nella parte adiacente della Campania-Basilicata, sono più intense, o molto più intense, rispetto alla previsione della carta PSHA, che suggerisce il grado VIII come il probabile massimo atteso in tutto il territorio regionale (Fig. 3). Nell’attuale carta di pericolosità, la parte meridionale della Regione (Salento) è considerata poco sismica, con una scarsa probabilità (< 10%) di essere colpita da scosse di I > VII o VI nei prossimi 50 anni. Le conoscenze sull’assetto tettonico di questa zona suggeriscono però che alcuni sistemi di faglie situate nella parte centrale e meridionale del Salento, potrebbero essere ancora attive, in quanto ancora fortemente sollecitate dalle forze tettoniche (Mantovani et alii, 2009). Uno di questi sistemi, localizzato fuori costa a sud della punta più meridionale del Salento, sembra essere responsabile della fortissima scossa che è avvenuta nel 1743 (M = 7.1) al largo del Salento, con sviluppo anche di uno tsunami a lungo rimasto ignoto, e di cui MeteoWeb ha già parlato. In quell’occasione i danni documentati nella parte estrema meridionale della Puglia, legati ad effetti di amplificazione dell’onda sismica, sono valutati del grado IX. Quindi, le evidenze attualmente disponibili suggerirebbero che in tutta la Puglia, e in particolare nel Salento, sarebbe consigliabile assumere valori più elevati dell’Imax attesa, al posto di quelli troppo ottimistici ipotizzati dalla carta attuale.
Proprio a proposito del Salento, il “tacco d’Italia”, molti pensano che sia una zona in cui non possono verificarsi terremoti nonostante nella storia ci siano stati forti terremoti con gravi danni. In realtà, infatti, il Salento non è affatto immune dai terremoti più forti, anche se è vero che raramente si possono verificare scosse con epicentro nel Salento di magnitudo superiore a 5, quindi distruttivi per il territorio. Ma la vicinanza con faglie ben più pericolose, nel mar Jonio e soprattutto nel Canale di Otranto (e quindi con i dirimpettai Balcani), può determinare pesanti conseguenze per scosse che si verificano a distanza, ma molto forti.
L’evento più importante degli ultimi tempi è stato quello del 26 ottobre 1826 a Manduria, anche se più forte è stato il terremoto del 20 febbraio 1743, noto come il “Terremoto di Nardò”. Complessivamente ci furono quasi 200 morti in tutta la Puglia, ben 150 a Nardò. Altre 100 vittime si contarono sull’isola greca di Lefkada. Alcuni archivi storici parlano persino di uno tsunami sulle coste salentine, fino a Brindisi ma all’epoca i litorali della zona erano paludosi e disabitati quindi non ci sono particolari evidenze.
Quello del 20 febbraio 1743 nel Salento è stato un evento sismico definito “complesso” dagli studiosi, percepito come una sequenza di tre violente scosse, prodotte probabilmente dall’attivazione di diversi segmenti di faglia. Sono state formulate due ipotesi di localizzazione di questo evento: secondo la prima, l’epicentro è riportato a mare, a est di Santa Maria di Leuca, ipotesi avvalorata anche dalla distribuzione dei depositi da tsunami, attribuiti a questo terremoto, lungo le coste adriatiche meridionali del Salento (Torre Sasso e Torre S. Emiliano) fino a Brindisi; per la seconda, come revisionato nel catalogo CFTIMED04, l’epicentro è riportato a terra, tra Nardò e Galatina. In Italia i danni maggiori si sono registrati in Salento, nelle cittadine di Nardò, in provincia di Lecce, e Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi; in Grecia a Levkas e nelle isole Ionie.
L’evento è descritto in alcune centinaia di documenti storici, da cui si evince che furono oltre 86 le località interessate. Lo studio degli effetti prodotti ha permesso di attribuire all’evento una intensità massima di Imax = 9 (per Nardò e per Levkas). Per questo motivo è assolutamente opportuno che anche nel Salento le costruzioni vengano realizzate in ottemperanza a tutte le norme antisismiche.